Milano, 5 feb. (askanews) – “Per far fronte al cambiamento climatico bisogna valorizzare i vitigni autoctoni, che si mostrano più adattati al territorio e offrono prodotti incredibilmente moderni. Il Sud Italia è una regione che vanta un eccezionale potenziale enologico: i tanti vigneti antichi, con viti mature, spesso allevate ad alberello, mostrano una notevole resistenza agli stress ambientali, rendendoli adattati al caldo crescente”. A dirlo è Jacopo Vagaggini, Miglior giovane enologo per Vinoway Selection 2024, sottolineando che “il climate change e soprattutto l’innalzamento delle temperature, è un problema che necessita di soluzioni tempestive per il settore viticolo”.
“Nel periodo 2011-2020 la temperatura media globale è stata di 1,1 gradi al di sopra dei livelli preindustriali e le prospettive per il futuro prevedono un innalzamento fino a 2 gradi nel 2030” ha ricordato Vagaggini, evidenziando che le varietà autoctone registrate nel Registro delle Varietà da Vino “adattate nel tempo al clima e alla cultura del territorio sono più di 300”. Tra le varietà autoctone che ritiene più adattate al territorio, quindi più resistenti al cambiamento climatico, l’enologo individua in Sicilia l’Inzolia, il Nerello e il Nero d’Avola, in Puglia il Nero di Troia, in Campania la Biancolella e l’Aglianico, e in Calabria il Pecorello, il Magliocco e il Gaglioppo. Proprio da quest’ultimo Vagaggini è al lavoro su un vino in purezza “capace di raccontare la cultura del territorio in ogni sorso”.
“Mi stupisce come, al contrario delle aspettative, i vini prodotti al Sud siano spesso più eleganti e fini rispetto a quelli del Centro-Nord Italia” ha precisato l’enologo, parlando di “gradazioni contenute, spesso sotto i 13 gradi, colori tenui e corpo sottile, che rendono questi prodotti molto contemporanei e di grande bevibilità. I nomi dei vitigni spesso ingannano – ha concluso – sono molto belli ma fanno erroneamente pensare a prodotti molto coloriti e potenti”.
Anche per quanto riguarda la Peronospora, malattia che l’anno scorso ha flagellato intere regioni non solo in Italia, il tecnico sottolinea “che sono principalmente i vitigni internazionali, in primis Merlot e Chardonnay, ad aver registrato ingenti perdite. I vitigni autoctoni – ha concluso -, adattati al terroir di appartenenza, hanno invece mostrato migliore resilienza alle malattie e maggiore produttività”.
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