Di Pietro Tabarroni
BOLOGNA – “Talebani o no, chiediamo che il canale con cui abbiamo inviato plasma per curare l’emofilia all’ospedale pediatrico Indira Gandhi di Kabul, negli ultimi otto anni, sia mantenuto. Sono 300 i bambini che dipendono dal nostro Fattore VIII. Per questo i vertici nazionali di Avis hanno contattato il ministero degli Esteri, chiedendo di garantire il rifornimento. Ora attendiamo una risposta da chi ha il potere di fare qualcosa”. Ad esporre la situazione, parlando alla Dire, è il presidente dell’Avis dell’Emilia-Romagna, Maurizio Pirazzoli.
Oltre che per la situazione in cui è piombato l’Afghanistan “la nostra preoccupazione- va avanti- è che si interrompa l’invio di Fattore VIII, che ha salvato la vita di centinaia di bambini da quando, nel 2013, l’Emilia-Romagna ha iniziato a rifornire l’Indira Gandhi”, a Kabul. “La nostra regione- racconta ancora Pirazzoli- produce Fattore VIII in eccedenza ed è completamente autosufficiente sotto questo punto di vista. E siccome la solidarietà per noi non ha confini ci siamo impegnati per questi 300 bambini emofiliaci lontani”. E adesso che Kabul è in mano talebana “per noi- aggiunge- non cambia niente. La questione è molto semplice: questi bambini hanno bisogno del nostro Fattore VII? Senza stanno peggio? Noi possiamo darglielo? La risposta a queste domande è sempre la stessa, ed è sempre ‘sì’”. Dunque “lo ribadisco, talebani o no- chiosa Pirazzoli- ci sono 300 bambini che, senza alcun dubbio, hanno bisogno di queste cure. Per questo il nostro Fattore VIII, i cui rifornimenti sono sempre stati garantiti grazie all’Areonautica militare, deve continuare ad arrivare a Kabul”.
Sul profilo Facebook dell’Avis dell’Emilia-Romagna, Pirazzoli ha lanciato pubblicamente l”allarme’. Prima di tutto, “ci stringiamo intorno a Emergency, Croce Rossa e alle organizzazioni umanitarie che”, rischiando, “rimangono in quel Paese martoriato da occupazioni, guerre e violenze per difendere il diritto alla salute, alla vita, alla democrazia, alla libertà, all’autodeterminazione”. Ma “siamo in apprensione in queste ore anche per questa ulteriore ragione”, lo stop all’invio del farmaco salvavita per i malati di emofilia. “Abbiamo i malati nel cuore e viviamo nella paura che questo ponte umanitario possa interrompersi sommando tragedia alla tragedia. Noi continuiamo a donare e seguiamo con attenzione gli eventi, nell’auspicio che la salute, così come gli altri diritti inviolabili della persona umana, non sia messa in discussione”, conclude Pirazzoli.
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