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Tornano i Jamiroquai, ma Jay Kay è stanco

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Ferrari ed elicotteri non danno la felicità, almeno a Jay Kay, il leader dei Jamiroquai che, oggi a Milano, dove ha presentato il nuovo disco ‘Rock dust light star’, ha confessato di sentirsi “stanco e arrabbiato”. “Passo dal Brasile all’Argentina e nel frattempo – ha detto per spiegare il suo evidente malumore – mi devo occupare in prima persona di ogni singolo dettaglio. Oggi sono qui, domani là, di sera mi esibisco di fronte a migliaia di persone e poi torno a casa, nel silenzio, con le valigie da disfare, e tutto mi sembra molto strano”. E poi ci sono quelle regole dello show biz che, anche dopo 18 anni di carriera, il cowboy dello spazio non riesce proprio a digerire, anzi “a 40 anni – ha confessato – sono diventato ancora più intollerante”. “E’ difficile – ha aggiunto – avere qualcuno dietro, che rappresenta la tua major, che ti consiglia di cosa parlare e di cosa non parlare”. Felpa nera con banda tricolore in omaggio all’Italia, occhialoni da mosca e parlata a mitraglietta, Jay Kay nei suoi dischi ha sempre affrontato temi socialmente impegnati, ma questa volta alla politica e all’ecologia ha anteposto la religione. Nella canzone che dà il titolo all’album, un brano da party che nasconde un messaggio pungente, non esita a dire la sua sulla fede. “Per colpa di due libri scritti 2000 anni fa, l’umanità – ha spiegato – ha sofferto e soffre pene, guerre e quanto altro. Basta un semplice libro di scienze per spiegare che il Big Bang è avvenuto parecchio prima di questi due libri. Basta un sassolino che scivola dalla stratosfera e colpisce il nostro pianeta e noi non esistiamo più”. Poi, temendo “un caso diplomatico”, ha interrotto il discorso, ma è tornato a far sentire la sua vena polemica parlando delle Olimpiadi: “E’ una follia, spendono 13 bilioni di pound per tre settimane di sport. E’ il bacio della morte per Londra e gli inglesi. Ci saranno più spese che guadagni e noi inglesi ci ritroveremo in guai peggiori degli attuali”. Per fortuna c’é la musica, questo nuovo album – il settimo di una carriera da 25 milioni di copie – tutto suonato in studio, con un’attitudine low-fi, riferimenti agli Stones, Bowie e i Roxy Music, e una sola regola: “se il brano non sta in piedi con solo tastiera e voce o chitarra e voce, meglio lasciar perdere”. Una scelta quasi necessaria, visto che mister Jamiroquai non sa né scrivere né leggere la musica: lui canticchia e i suoi collaboratori prendono nota. Il risultato, anche in questo caso, è un groove funky che invita a scatenarsi, come lo stesso Jay Kay non mancherà di fare, nonostante tutto, nel prossimo tour.

Maria Colorito

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