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The Grand Budapest Hotel

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La Berlinale 2014 si apre nel migliore dei modi: “The Grand Budapest Hotel” di Wes Anderson, scelto come titolo inaugurale della kermesse tedesca, convince, diverte e conferma il grande talento del regista texano.
Il film racconta le avventure di Gustave H, leggendario portiere di un famoso albergo europeo, nel periodo tra le due guerre, e del suo fidato amico Zero Moustafa. I due si trovano coinvolti nel furto e nel recupero di un dipinto rinascimentale dal valore inestimabile, e nello scontro per un’enorme eredità familiare: il tutto, mentre nel continente si preparano drammatici cambiamenti.
Raccontato attraverso un lungo flashback che ci porta all’inizio degli anni ’30 del ‘900, “The Grand Budapest Hotel” è l’ennesimo film degno di nota di un autore che basa il suo stile su un grande rigore formale, fatto di inquadrature simmetriche e di scelte musicali originali.
Con un meccanismo di narrazione a “scatole cinesi” che va dagli anni Ottanta, ai Cinquanta ai Trenta, Wes Anderson riprende la sua grazia nel raccontare e sul raccontare, specialmente quello della tradizione orale.
La vivacità e la simpatia di personaggi e toni è il contrasto più aspro, solo apparentemente dolce, rispetto all’arrivo del male della guerra. Come la quiete “prima” della tempesta, siamo davanti ad un colpo di coda di Belle Epoque di un posto inventato monito di un periodo molto vero e nero della nostra Storia.

Margherita Diurno

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