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Tasse e limite al contante, il dibattito di governo

NewsTasse e limite al contante, il dibattito di governo

Il ministro del Lavoro Giovannini e quello dell’economia Saccomanni sono favorevoli, Alfano no. Il pomo della discordia in questione è la limitazione all’uso del contante, auspicata già 5 anni fa dall’allora ministro Visco (con un tetto massimo di 100 euro, oltre il quale bisogna pagare con la carta). Giovanni ha espresso il suo pensiero nella trasmissione “L’economia prima di tutto” su Radio Rai, il vicepremier ha scelto il web per fare lo stesso: «Il collega Saccomanni ritiene di intervenire per ridurre l’uso del contante. Noi la pensiamo all’opposto di lui. Occorre aumentare l’uso del contante e contrastare l’evasione consentendo di conservare scontrini e fatture e scaricare tutte le tasse. In America funziona e funzionerebbe anche qui».

Intanto in parlamento si torna a parlare delle tasse sulla casa e il governo apre alla reintroduzione delle detrazioni. Con l’arrivo della nuova tassa sulla casa, la Tasi, infatti, le imposte rischiano di aumentare: è quanto afferma, dopo le associazioni di settore e una parte della politica, la Corte dei Conti. Le misure relative al patrimonio immobiliare sono “migliorabili” ha inoltre commentato la Banca d’Italia, illustrando il rischio di una tassazione disomogenea sul territorio italiano e aggiungendo che «Bisognerebbe inoltre semplificare le scadenze della Trise, nessuna della quali corrisponde a quelle dell’Imu». Saccomani è  sicuro che non ci saranno incrementi perché sono stati posto dei limiti alla manovrabilità dei Comuni, ma aggiunge che il governo è pronto ad eventuali modifiche: «Non è escluso che si debba tornare alle detrazioni, ora non previste dalla Tasi. Al fine di non aumentare il prelievo fiscale complessivo sui contribuenti vengono comunque previsti limiti alla manovrabilità complessiva dei Comuni. Per l’anno 2014 l’aliquota massima relativa all’abitazione principale non può eccedere il 2,5 per mille. Ora occorre procedere con forte determinazione sulla qualità della regolamentazione e sull’efficienza delle amministrazioni: la crescita di un Paese che ristagna da 20 anni richiede interventi anche radicali».
Si passa poi alla recente legge di stabilità: «Dal taglio del cuneo fiscale sul lavoro, oltre agli autonomi, sono esclusi incapienti e pensionati, ossia circa 25 milioni di soggetti che comprendono anche quelli in maggiori difficoltà economiche. E ciò comporta evidenti problemi distributivi e di equità», denuncia ancora la Corte dei Conti, mentre Bankitalia sostiene che «L’assenza di detrazioni nella struttura di base della Tasi, con la possibilità per i Comuni di applicare riduzioni che tengano conto della capacità contributiva familiare, potrebbe creare significative differenze di trattamento sul territorio nazionale».
Infine, il capitolo Iva. A tal proposito, l’Istat rivela che nel 2014, in presenza dell’aumento della stessa, i prezzi aumenterebbero dello 0,3 %. Sempre l’Istat rivela però un dato contraddittorio quando si parla di benefici ottenuti dal taglio del cuneo fiscale: lo sconto medio stimato sull’imposta, attraverso il taglio del cuneo stesso, è pari a 116 euro annui pro capite ed è superiore alla media per i lavoratori e i collaboratori che appartengono alle prime 3 fasce di reddito, che comprendono famiglie con redditi medio-bassi e medi; tuttavia, sono le famiglie più ricche a beneficiare maggiormente degli sconti sul cuneo, perché hanno più occupati. «Dato il maggior numero di occupati per famiglia, sono i nuclei delle due fasce più alte a trarre maggiori vantaggi monetari in valore assoluto» ha spiegato l’Istat in audizione al Senato.

Giuseppe Grasso

 

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