ROMA – Ancora una fumata nera in aula, mentre fuori dal palazzo le trattative proseguono febbrili. I partiti sembrano lontani dal trovare un accordo ma al momento i ragionamenti in corso girano intorno a sei nomi. Salvo sorprese, ecco la rosa dei candidati alla Presidenza della Repubblica.
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Mario Draghi, classe ’47, già presidente di Bankitalia e della Banca Centrale Europea, sarebbe il primo nella storia della Repubblica a passare da Palazzo Chigi al Quirinale. Il suo sponsor principale è il segretario del Pd Enrico Letta, ma l’ipotesi del ‘trasloco’ non convince gli altri membri della maggioranza, poco disponibili ad affrontare un rimpasto di governo.
Sergio Mattarella, classe ’41, è il Presidente della Repubblica uscente. Ha chiarito in tutti i modi la sua contrarietà a un secondo mandato, ma se i partiti non dovessero trovare una soluzione potrebbe essere richiamato da Palermo, dove si trova in attesa della decisione sul suo successore.
Pier Ferdinando Casini, classe ’55, in Parlamento dal 1983. E’ lui la carta per rivendicare il primato della politica in una rosa di nomi ‘tecnici’. Fondatore del centrodestra, candidato dal Partito Democratico alle ultime elezioni, Casini non scalda il cuore del M5s che, però, ne apprezza il valore istituzionale: quando ha presieduto la commissione d’inchiesta sulle banche, fanno sapere fonti pentastellate, si è comportato “con grande equilibrio”.
Sabino Cassese, classe ’35, già ministro del governo Ciampi e giudice della corte costituzionale. Il suo nome potrebbe mettere d’accordo tutti, o quasi: dal Pd, che ne ha sempre apprezzato le prese di posizione, a Fratelli d’Italia, che ha incassato il suo appoggio alla proposta di presidenzialismo alla francese. Difficile però il rapporto con i 5 Stelle e Giuseppe Conte, duramente criticato per l’uso continuato dei Dpcm nella prima fase della pandemia.
Elisabetta Belloni, classe ’58, diplomatica e funzionaria pubblica attualmente a capo del Dis, Dipartimento Informazioni e Sicurezza. Il suo nome piace molto al centrodestra, ma incontra grandi resistenze nel Pd e nel M5s: “Il passaggio da capo dei servizi segreti alla carica più alta dello stato- fanno sapere fonti parlamentari- si addice di più alle dittature che a una democrazia come la nostra”
Paola Severino, classe ’48, già ministra della Giustizia nel governo Monti. Il suo profilo non scalda i cuori della maggioranza, ma potrebbe essere la carta per sbloccare l’impasse della politica.
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