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“L’illogica utopia” del signor G

News"L'illogica utopia" del signor G

La prima foto promozionale dei Due Corsari Gaber e Jannacci, nel 1959. Gaber al Festival del rock’n roll con Celentano, nel 1957, e con Mina a Senza rete, nel 1969. Fotografie ma anche appunti, fogli di quaderno, manoscritti, memorabilia, trascrizioni di materiali audio e video, interviste. Giorgio Gaber si racconta in un’ autobiografia per parole e immagini, a cura del fotografo Guido Harari, pubblicata da Chiarelettere, con oltre 400 illustrazioni, fra documenti e foto in gran parte inediti. E’ un viaggio nel mondo di ‘Gaber. L’illogica utopià ricostruito grazie ai materiali dello sterminato archivio della Fondazione Giorgio Gaber di cui viene presentata per la prima volta, in questo prezioso libro, una corposa sintesi in occasione del quarantesimo anniversario della prima replica del ‘Signor G’, in scena al Piccolo teatro di Milano nel 1970, e della nascita del Teatro Canzone. “Credo che la politica vada reinventata globalmente. Ciò di cui parlano di questi tempi i telegiornali, come lo sfacelo delle tangenti, non è politica, è organizzazione malsana. La politica è spinta, è voglia di cambiamento reale, di pensare a noi stessi, a come vorremmo essere, alle nostre pulsioni, ai nostri desideri” dice Gaber alla fine degli anni Novanta. E continua: “Oggi va tutto reinventato, anche ogni piccolo modulo di aggregazione, a partire dal bar o dal gruppo di amici o dal circolo culturale”. E sono proprio “parole su cui soffiano il vento di una morale di lotta, l’ansia di un’etica nuova” quelle che troviamo in questo volume come sottolinea Harari che, dopo i libri su Fabrizio De André, Fernanda Pivano e Mia Martini, torna “fotografo senza macchina fotografica” per costruire il ritratto definitivo e ufficiale di uno straordinario amico. Dalla nascita di Giorgio Gaberscik, il 25 gennaio del 1939, a via Londonio, a Milano, da padre triestino e madre veneziana, alla morte il 1 gennaio del 2003, poco prima dell’uscita del suo ultimo disco ‘Io non mi sento italiano’. “Il bisturi di Gaber – dice Harari – incide la realtà senza pietà né esitazioni. Interpellando l’uomo nella sua complessa totalità. Ipotizza, auspica, addirittura esige un neorinascimento. E’ questa ‘l’illogica utopià calata nel qui e ora, vibrante di un ‘appassionato pessimismo’ che Gaber vorrebbe detonatore di uno slancio vitale e gioioso verso un futuro tutto da inventare”. Nel volume anche copertine di dischi, una dettagliata cronologia e una discografia completa di rarità italiane e internazionali a cura di Claudio Sassi e una nota dello psicanalista Luigi Zoja che definisce Gaber “un profeta: ben prima del computer e di Internet presentiva il rischio di ridurre gli uomini a presenze virtuali. Per questo voleva essere visto e ascoltato, non riprodotto dalle macchine delle immagini e del suono”. E seguendo la voce di Gaber in questo viaggio fatto di parole e immagini, difficile dargli torto: “Come si fa oggi a credere, a pretendere che un giovane voglia approfondire la coscienza della sua visione del mondo – diceva – se quello che ha davanti è la mediocrità? E pensare che è proprio la cultura a determinare la ricchezza o la povertà di un paese, la sua dinamica oppure la sua inerzia”.

Maria Colorito

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