Per l’ottavo trimestre consecutivo, secondo l’Istat, il Pil continua a scendere; il calo questa volta è dello 0,2% rispetto al trimestre precedente, e del 2% rispetto ad un anno fa, raggiungendo così i livelli più bassi dal 1990. Le stime sono ancora preliminari (quelle definitive usciranno solo il 10 settembre), ma i dati sono molto precisi; bisogna inoltre considerare che il governo aveva previsto che alla fine del 2013 il Pil sarebbe calato del 1,3%, ma dopo soli sei mesi è già sceso del 1,7%. Il calo è dato dalla crisi congiunta dei tre grandi settori di agricoltura (giù per la prima volta da marzo 2012), industria e servizi. Fin qui sembra tutto fin troppo familiare, ma ora le autorità stanno iniziando ad esprimersi in termini cautamente ottimisti, sia in Italia che in altri Paesi: «Tutti gli indicatori mostrano come il secondo trimestre dovrebbe avere ancora un segno congiunturale negativo del Pil, ma ora ci sono indicatori di fiducia e ordinativi positivi, e per il terzo e quarto trimestre è previsto un segno congiunturalmente positivo»: questo il pensiero del ministro del Lavoro Enrico Giovannini, intervistato da Radio Anch’io, che prosegue citando «l’ottimismo aumentato nelle famiglie, la maggiore fiducia degli imprenditori e l’aumento di ordini anche sul mercato interno. La voglia di superare la recessione sta diventando più concreta». «I segnali ci sono tutti e indicano che siamo a un passo dal possibile. A un passo, cioè, dall’inversione di rotta e dall’uscita dalla crisi più drammatica e buia che le attuali generazioni abbiano mai vissuto», scrive in aggiunta Enrico Letta alla presentazione del dossier sui 100 giorni di governo, invitando tutti a «mettercela tutta». Ancora, indizi delle probabile, prossima fine della recessione arrivano da altre nazioni, come il Regno Unito e gli Stati Uniti, che registrano crescite rispettivamente dello 0,6% e dello 0,4%. L’Europa, tuttavia, invita ad essere realisti e a non abbassare la guardia: «I dati sul Pil non sono una sorpresa, sono in linea con le ultime previsioni di primavera di Bruxelles, e dicono che l’Italia ha ancora più bisogno di trovare la strada per la crescita. Per farlo, deve mantenere il passo delle riforme economiche».
Giuseppe Grasso