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Perché l’Iran è solo nella guerra contro Israele: ecco i grandi assenti in questo conflitto

MondoPerché l’Iran è solo nella guerra contro Israele: ecco i grandi assenti in questo conflitto

ROMA – “Si parla di escalation, allargamento della guerra, dimenticando che da dodici mesi in realtà c’è una grande assenza in questo conflitto: nessun Paese arabo si è lasciato coinvolgere; se non, occasionalmente, per aiutare Israele a intercettare missili iraniani e per mandare aiuti umanitari a Gaza”.

Lo scrive sul Corriere della Sera Federico Rampini. Secondo l’editorialista, si tratterebbe “di un’assenza clamorosa che dà la misura del fallimento iraniano. Buona parte del mondo arabo esulta per il colpo che le forze armate israeliane hanno sferrato a Hezbollah. E non si tratta solo delle leadership arabe, ma anche della popolazione”.

I SOCIAL IN LIBANO

Citando Thomas Friedman del New York Times, Rampini sostiene che “Hezbollah e il suo leader Hassan Nasrallah, ucciso in un raid israeliano venerdì, siano detestati in Libano e in molte parti del mondo arabo, sunnita o cristiano, per il modo in cui avevano preso in ostaggio il Libano e lo avevano trasformato in una base per l’imperialismo iraniano. Friedman cita una studiosa dei social media arabi: Descrive lo tsunami di messaggi dal Libano e da tutto il mondo arabo: festeggiano la caduta di Hezbollah”.

GLI ACCORDI DI ABRAMO

A rendere meno drammatici i toni dell’attacco iraniano verso Israele, ci sarebbe inoltre “la tenuta degli accordi di Abramo, con cui nel 2020 Israele fu riconosciuto da Emirati arabi uniti, Bahrain, poi anche Marocco e Sudan“.

Rampini racconta dell’incontro avuto a New York, in occasione dell’assemblea generale Onu, con uno dei vertici della delegazione degli Emirati Arabi Uniti: “La leadership degli Emirati sottolinea che i rapporti con Israele vanno a gonfie vele. Cita il fatto che la compagnia aerea Emirates, è diventata la principale linea di collegamento tra Israele e il resto del mondo, anche nelle fasi più pericolose del conflitto”.

E anche L’Arabia Saudita, che è “più defilata — non è ancora pronta a riconoscere Israele—ma su un punto è in sintonia coi suoi vicini: la minaccia esistenziale in Medio Oriente è l’Iran”.

PROGRESSO VS REPRESSIONE

Benessere economico che dipende “dalla priorità data al progresso economico da Dubai, Doha, Riad. Da quando queste potenze del Golfo hanno voltato le spalle al fanatismo religioso e si sono convertite alla modernizzazione laica, hanno accumulato ricchezze non solo a vantaggio di ristrette oligarchie. Hanno creato un benessere reale, hanno offerto un futuro positivo ai propri paesi”.

A differenza di quanto accaduto a Teheran, dove “demonizzare il capitalismo è un alibi disonesto che le oligarchie clericali iraniane usano per esprimere il loro ribrezzo morale verso l’Occidente. La loro alternativa: corruzione, repressione, miseria di massa”.

Secondo Rampini, quindi, “se l’Iran aprisse finalmente gli occhi sul vicolo cieco in cui si è cacciato, dalla tragedia odierna forse potrebbe estrarre le lezioni giuste”.

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