''Una cosa cosi' fa pensare che quegli scavi sarebbe stato meglio che non fossero mai stati fatti. Spero che gli archeologi si fermino. Ricopriamo tutto, e'
l'unico modo per lasciare alle generazioni future il nostro patrimonio''. Non usa mezzi termini Erri De Luca per descrivere in un'intervista il suo sconforto di fronte al crollo della Schola Armatorarum a Pompei. Profondamente legato alla sua terra d'origine, descritta anche nel suo primo romanzo 'Non ora, non qui', lo scrittore e poeta napoletano trova pace solo nel pensiero che le generazioni future saranno migliori di questo tempo insieme ''tragico e ridicolo''.
”Una cosa cosi’ fa pensare che quegli scavi sarebbe stato meglio che non fossero mai stati fatti. Spero che gli archeologi si fermino. Ricopriamo tutto, e’
l’unico modo per lasciare alle generazioni future il nostro patrimonio”. Non usa mezzi termini Erri De Luca per descrivere in un’intervista il suo sconforto di fronte al crollo della Schola Armatorarum a Pompei. Profondamente legato alla sua terra d’origine, descritta anche nel suo primo romanzo ‘Non ora, non qui’, lo scrittore e poeta napoletano trova pace solo nel pensiero che le generazioni future saranno migliori di questo tempo insieme ”tragico e ridicolo”.
”Pompei ed Ercolano fanno parte dei passi di tutti noi nati sotto quel vulcano – afferma De Luca -, E’ l’esempio di quanto la nostra civilta’ sia precaria sotto quella forza della natura. Ma succede che proprio i quei posti spunti la bellezza, che proprio questa sottomissione alla natura produca la civilta’. Quella bellezza e quella civilta’ da noi deturpata”. De Luca ha lasciato quei luoghi ed ora vive nella campagna romana, dove sta scrivendo il suo prossimo libro ”E disse”, sulla reazione emotiva di coloro che ricevettero le tavole del Sinai, in uscita a febbraio con Feltrinelli. ”Luoghi e tempi lontani – spiega -, perche’ il qui e l’ora e’ desolante”. Lo scrittore non prende solo di mira il governo, ”che pure ha un ministro che considera la cultura un bene insignificante”. ”Questo e’ solo un dettaglio – spiega il poeta -. La domus sarebbe crollata comunque, perche’ noi cittadini di questo tempo moderno siamo dissipatori. Siamo incapaci di tutelare e trasmettere la bellezza che abbiamo ricevuto. Questo e’ il nostro patrimonio, non le fabbriche che fanno piu’ profitti in qualche altra parte del mondo. Eppure il Pil non vede oltre il proprio naso, la bellezza e’ una variabile impazzita del fatturato”. ”Tragico e ridicolo” sono gli aggettivi che De Luca ripete per descrivere non solo la Campania, ”schiacciata da crolli e spazzatura”, ma anche l’Italia. ”Tragiche e ridicole sono le immagini che oscillano davanti agli occhi del mondo – sostiene -. Tragiche quando si vedono questi crolli, ridicole quando si vede un presidente passare le serate con signorine a pagamento”. Allora tanto meglio per De Luca lasciare la gestione dei nostri tesori alle generazioni future. ”I vecchi dicono ‘come era bello il tempo passato’ – spiega -, io preferisco lodare il futuro, altrimenti non avrebbe senso fare
figli”. Una visione desolata, nella quale neanche il mondo della cultura pare in grado di segnare una svolta. ”Non esiste una comunita’ letteraria in Italia – dice ancora De Luca – In Campania e’ vero che c’e’ Roberto Saviano, ma c’e’ solo lui. Ha avuto grande successo, ma ha pagato a grande prezzo, esponendosi al bersaglio della malavita, la scelta di schierarsi. Una scelta che oggi forse, mi e’ parso di capire, non rifarebbe del tutto”.
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