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Fiat, Fini: “Marchionne più canadese che italiano”

“Marchionne mi sembra che ieri abbia dimostrato di essere un po’ più canadese che italiano, visto che è italo-canadese”. All’indomani della sortita dell’ad della Fiat, il presidente della Camera Gianfranco Fini tira una frecciata al manager che ha definto l’Italia “un peso” per il Lingotto.

“Ha detto una cosa – aggiunge parlando durante un incontro con gli studenti a Rovigo – che sarebbe normale se detta da uno che non è un top manager italiano, ma è un po’ paradossale che lo dica l’amministratore delegato della Fiat perchè se è ancora un grande colosso è stato perché c’è stato il contribuente italiano a garantirlo”. Poi Fini allarga l’orizzonte e si occupa di crisi economica. Non minimizzando i rischi che corre il nostro Paese. “Tenere i conti pubblici sotto controllo per evitare di andare con le gambe all’aria non è un ‘pallino’ di questo governo, una necessità perchè altrimenti c’è la Grecia” dice il presidente della Camera.
Chi invece plaude alle parole di Marchionne è il coordinatore del Pdl, Sandro Bondi. Frasi che suonano come un affondo a Fini: “Se l’Italia avesse ancora una classe dirigente nazionale degna di questo nome e dei leader politici autorevoli, si interrogherebbe a fondo sulle affermazioni di Marchionne. Ignorare o peggio polemizzare con una battuta paradossale
quanto allarmata di Marchionne significa far finta che i problemi non ci siano e che tutto possa continuare come nel passato. La sinistra lo può fare, tutti coloro che lavorano per il cambiamento e la modernizzazione dell’Italia no”.
“Marchionne non va demonizzato” aggiunge Pier Ferdinando Casini, che si schiera dalla parte dell’ad della Fiat  criticando indirettamente Fini “Anche se la Fiat ha ricevuto ingenti contributi dallo Stato, ha cento ragioni, come quando parla di perdita della competitività in Italia o degli stranieri che non investono nel nostro Paese. Dice cose sacrosante – insiste il leader dell’Udc – non riesco a dargli torto. Bisogna rendersi conto della realtà, altrimenti la Fiat chiude le saracinesche delle fabbriche e va in Serbia”.
Il Pd, invece, punta il dito contro “le carenze della fiat nelle politiche per gli investimenti, nella progettazione e produzione di modelli, nell’organizzazione produttiva”. Per Stefano Fassina, responsabile economia e lavoro, “oltre a scaricare le responsabilità sui sindacati,  Marchionne dovrebbe dire quali sono i contenuti del piano Fabbrica Italia. Il governo invece di stare a guardare dovrebbe finalmente mettere in campo una politica industriale per il settore auto. La Fiat ha sempre ricevuto denaro pubblico, così come è noto che è stata salvata, alcuni anni fa, dal sistema bancario italiano, e che la cassa integrazione attiva nelle fabbriche Fiat, da metà del 2008, è pagata dai contribuenti italiani”.
Sul fronte sindacale, si fa sentire la Uil: “Il nostro Paese per la Fiat rimane uno dei migliori mercati europei. Senza l’Italia, non vedo dove la Fiat possa costruire le auto da vendere in Europa. L’importante è che Marchionne sia disposto ad accogliere le sfide, non solo a parlarne” dice il segretario Luigi Angeletti.