Il governo ha varato ieri pomeriggio la nuova legge di stabilità, che per la prima volta si presenta con due importanti novità: la prima è che non taglia servizi essenziali come la sanità (quest’ultima salvata da un intervento del ministro Beatrice Lorenzin, evitando così di perdere 2,6 miliardi), la seconda è che si abbassano le tasse sul lavoro, permettendo di abbattere il cuneo fiscale e di aumentare da una parte i finanziamenti alle imprese e le buste paga dei lavoratori (anche se di poco: le previsioni più ottimistiche parlano tra i 12 e i 24 euro al mese in più). L’obbiettivo dichiarato è quello di riuscire a ridurre la pressione fiscale di un punto percentuale, passando dal 44,3% al 43,3% in un triennio (2014-2016); infatti la legge si applica ad un periodo di tre anni, per una cifra complessiva di 26,5 miliardi, di cui 11,5 spesi nel 2014, 7,5 nel 2015 e altrettanti nel 2016. «Con questa legge di stabilità abbiamo fatto un passo avanti nella giusta direzione. Per la prima volta i conti quadrano senza aumentare tasse e senza fare tagli a sociale e sanità», ha spiegato il premier Enrico Letta, «la riduzione delle tasse per le imprese avrà una curva crescente nell’arco del triennio, e tra gli interventi per i lavoratori c’è anche un incentivo per il passaggio dai contratti a tempo determinato a quelli a tempo indeterminato. Abbiamo bloccato l’aumento dell’Iva che doveva scattare a gennaio sulle cooperative sociali. C’è un allentamento del patto di stabilità per i Comuni da un miliardo di euro. E’ un segnale importante nella direzione dello sviluppo, è un allentamento per consentire gli investimenti in conto capitale». Letta ha pois piegato che saranno varate una serie di privatizzazioni che, sempre nel corso del triennio, faranno calare il debito pubblico e il deficit; verranno rifinanziati l’ecobonus, il fondo per le politiche sociali e il 5 per mille, e verrà introdotta la Trise, la tassa sui servizi che accorperà l’Imu e la Tares (che però, a detta di Letta, non sarà una nuova Imu). Le risorse, per il 2014, arriveranno dalle seguenti voci: tagli alla spesa pubblica (3,5 miliardi, di cui 2,5 statali e 1 regionale), dismissioni immobiliari, revisione del trattamento delle perdite di banche e altri intermediari (3,2 miliardi), interventi fiscali (1.9 miliardi), limatura delle spese per le tasse (500 milioni), l’incremento del bollo sulla gestione dei titoli (esclusi invece aumenti sui Bot e i capital gain) e la sempreverde lotta all’evasione fiscale e ai capitali esportati illecitamente. Tra le altre coperture, la cui entità va ancora verificata, ci sarà la revisione della contabilizzazione della Banca d’Italia, mentre dall’anno prossimo le elezioni svolgeranno in un solo giorno facendo risparmiare allo Stato oltre 100 milioni.
Giuseppe Grasso