martedì, 18 Febbraio , 25

Le favole nere di Ascanio Celestini

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Una raccolta di pezzi brevi, con lo stesso stile fluido e il ritmo ipnotico che contraddistingue i suoi racconti a Parla con me: dopo la tv e il cinema, Ascanio Celestini torna alla scrittura con ‘Io cammino in fila indiana’, per raccontare le storie di un piccolo paese che mostrano in realtà un concentrato dell’Italia contemporanea. “C’era una volta un piccolo paese…”, così cominciano le favole nere di Celestini che si è affermato negli ultimi anni come uno dei drammaturghi italiani più incisivi, suoi tra gli altri gli spettacoli ‘Radio clandestina’, ‘Cecafumo’ e ‘La Pecora nera’, diventato nel 2010 anche un film. Nel piccolo paese c’é un rivoluzionario in bicicletta che quando arriva al Parlamento per buttare una bomba si accorge di non essere il primo e gli tocca mettersi in coda come alle poste. C’é l’uomo di governo che “quando faccio politica, non ne faccio una questione politica”. C’é anche una piccola scuola dove i bambini prendono lezioni di fila indiana, perché stare in cerchio è un’abitudine che bisogna perdere, in cerchio si è tutti uguali e non va bene. E ci sono anche adulti che camminano in fila indiana perché contenti di considerarsi solo un numero, tanto da non tollerare che qualcun altro gli si affianchi sostenendo di essere semplicemente Mario. Ogni personaggio procede sulla “superficie sconnessa di un pianeta che pare fermo e invece si muove, perché quando ti muovi piano é quasi come se non ti muovi per niente”. A sentirle raccontare (nelle pagine è praticamente stampata l’inconfondibile voce di Celestini), possono sembrare veramente delle favole: il ritmo delle parole insegue il ritmo dell’azione, il tono sale e scende a modulare la tensione. Si sorride, ma con amarezza e un po’ ci si vergogna. Perché il piccolo paese non è altro che il ritratto di ciò che siamo diventati. Celestini racconta la politica corrotta e imbrogliona (la storia di Tony Mafioso e Tony Corrotto in ‘L’elogiò) ma anche la sensazione di impotenza dei cittadini, mai artefici del proprio destino. E pure di uomini impauriti dalle mogli (‘Il sosià) e dal mondo circostante, aggrappati all’illusione che solo avere “una pistola in tasca” possa far sentire forti. E ancora giovani donne, vecchie con la spesa e uomini divorati dall’ansia, che non sanno “dove attaccare i cerotti” per mettere un freno al proprio male di vivere. Perché “l’ansia è una faccenda che ti si gonfia nella testa. E’ come l’aria per il pallone: di concreto c’é solo un sottilissimo strato di gomma elastica, tutto il resto è aria…Il pallone si gonfia nel cervello. Più che a una cefalea somiglia ad un senso di vuoto che toglie il respiro”.

Maria Colorito

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