Spartaco fu qualcosa di indicibile per la cultura dominante di Roma del primo secolo avanti Cristo: era il simbolo di “un sovvertimento estremo, di uno spezzarsi drammatico dell’ordine ‘naturale’ delle cose”. Un ordine fondato sulla schiavitù che a Roma era “un’istituzione totale” e tale da permeare ogni singolo aspetto della vita. Basti pensare che in quegli anni circa un terzo dell’intera popolazione era costituito da schiavi. Rovesciare quell’assetto avrebbe portato alla fine di Roma, del suo impero e del mondo antico così come è conosciuto: una società senza lavoro servile era semplicemente impensabile.
Per questo Spartaco – che nell’immaginario cinematografico è associato a Kirk Douglas interprete dell’omonimo film e la cui storia di gladiatore è ora riproposta nella serie di Sam Raimi al via su Sky Uno – ebbe un impatto violentissimo nei confronti del potere costituito. Non si trattava di un condottiero di un popolo in armi contro Roma – scrive Schiavone – quanto piuttosto di uno schiavo “in rivolta, alla testa di un esercito largamente composto di uomini della medesima condizione, che era riuscito a minacciare il cuore stesso del sistema imperiale”. Roma, ovviamente, non poteva restare a guardare né avere il pugno leggero nei confronti di chi minacciava direttamente l’ordine costituito. Tuttavia prima di riuscire a debellare il pericolo, Roma trattenne il fiato: Spartaco sembrava imbattibile e soprattutto era un fiammifero acceso in un pagliaio. Da nord a sud (soprattutto nelle campagne e nelle città dell’Italia meridionale), gli schiavi in ogni dove si ribellavano sull’esempio del gladiatore. Tuttavia, come spesso accade nella sua storia, Roma seppe trovare rimedio: il comando dell’esercito fu affidato a Marco Licino Crasso, “uomo di grandi ambizioni e di non minori ricchezze”, futuro triumviro insieme con Pompeo e Cesare. Una potenza e piuttosto determinato, visto che aveva lui stesso migliaia di schiavi. Per il sogno rivoluzionario di Spartaco fu la fine: il destino era segnato e si concretizzò nel Sannio in una disastrosa battaglia. Che replicò poco dopo nella Valle dell’alto Sele: nuova sconfitta, questa volta definitiva. Il corpo di Spartaco non venne mai trovato, come altrettanto si sa poco delle fasi dello scontro. Fatto sta che migliaia dei suoi furono massacrati. Ma la storia conosce movimenti imprevisti: da quel grande ribollire della società romana venne fuori un ordine se non nuovo perlomeno diverso: ad esempio l’istituto delle manomissioni. Ovvero la possibilità che un padrone liberasse autonomamente i suoi schiavi. Ma soprattutto la grande capacità romana di integrare nel proprio mondo e senza prevenzioni culture e popoli diversi, purché in qualche modo “partecipi dei grandi processi di unificazione dell’impero”. Chissà che non sia stato questo il grande lascito di Spartaco.
Maria Colorito