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La causa per diffamazione di Lollobrigida finisce sul Guardian. Di Cesare: “Una strategia di governo”

ROMA – I processi per diffamazione intentati da Giorgia Meloni e da altri esponenti del Governo finiscono sul Guardian. Il giornale inglese racconta in particolare quello a Donatella Di Cesare, che comparirà davanti a un tribunale penale a Roma il 15 maggio, dopo una querela del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida. La filosofa aveva paragonando uno dei suoi discorsi al Mein Kampf di Hitler.

Il Guardian sottolinea l’ipotesi di una “strategia” di governo, riprendendo le accuse della stessa saggista: “Lo scopo dei processi per diffamazione come il mio non è solo quello di intimidire, ma di spingere gli intellettuali di sinistra fuori dal discorso pubblico. Meloni ha voluto molto dare al movimento postfascista un volto nuovo e più accettabile. Coloro che attirano l’attenzione sulle radici fasciste del movimento vengono puniti”.

Il Guardian ricorda le dichiarazioni di Lollobrigida, “sposato con la sorella della Meloni e considerato uno dei più stretti alleati del Primo Ministro”, nell’aprile 2023 rilasciate a “DiMartedì”, in cui parlava del pericolo di sostituzione etnica. Di Cesare “percepiva connotazioni suprematiste bianche che si potevano trovare nelle pagine del Mein Kampf e nell’ideologia nazionalsocialista. La filosofa, che ha scritto libri sulla continuità tra il pensiero nazista e le moderne teorie del complotto, disse che Lollobrigida parlava “come un gauleiter, un leader regionale del partito di Hitler. Nella sua denuncia penale, Lollobrigida afferma che Di Cesare lo aveva dipinto come “un nazista che glorifica i campi di concentramento e sposa i campi di sterminio come soluzione ai problemi dell’immigrazione”, il che è “non solo diffamatorio ma anche vergognoso”.

“Ho detto che Lollobrigida parlava come un gauleiter , non che lo fosse”, dice Di Cesare al Guardian. “Quello che stiamo vedendo qui è un procedimento legale contro un confronto storico”.

Il Guardian scrive anche che “secondo un recente studio della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni del Parlamento europeo, durante il primo anno al potere della Meloni in Italia, è stato avviato nel Paese il maggior numero di cause legali ‘strategiche’ contro la partecipazione pubblica in Europa”, ricordando anche le querele contro Luciano Canfora e Roberto Saviano.

Secondo i dati dell’organizzazione italiana per la libertà di stampa Ossigeno per l’informazione, ogni anno vengono intentate più di 5.000 cause per diffamazione contro giornalisti italiani. Il 90% viene infine respinto in quanto infondato.

Una lettera aperta a sostegno di Di Cesare lanciata da quattro professori britannici del Centro di ricerca sulla filosofia europea moderna della Kingston University di Londra sostiene che casi come il suo ricordano le tattiche utilizzate nelle “democrazie illiberali” per mettere a tacere gli oppositori. “È inconcepibile che in un Paese democratico un ministro trascini in tribunale un filosofo su questioni politico-culturali e storico-filosofiche, sulle quali invece dovrebbe esserci un dibattito democratico”, si legge nella lettera.

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