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Kabul, 10.000 in piazza contro gli Usa

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Migliaia di manifestanti anti-americani sono scesi in piazza a Kabul al grido di «morte all’America», “morte ai cristiani”, “morte a Karzai”. Lo riferiscono testimoni e fonti di polizia. Colpi in aria sono stati sparati da agenti per disperdere la folla di manifestanti. Due persone sarebbero rimaste ferite da colpi di arma da fuoco, stando a quanto hanno riferito alcuni testimoni.

“Ci sono più di 10mila persone in piazza, alcune di loro sventolano la bandiera talebana”, ha detto un funzionario di polizia. I manifestanti si sono riuniti nella zona ovest della capitale afghana, hanno dato fuoco a pneumatici, lanciato sassi contro i poliziotti e bloccato l’accesso alle strade principali in direzione sud. La manifestazione giunge a tre giorni dalle elezioni parlamentari che i talebani hanno minacciato di boicottare e dopo un weekend di proteste contro l’iniziativa del reverendo Terry Jones. La gigantesca macchina militare statunitense, forte oggi di 100.000 uomini, sta intanto girando al massimo in tutte le province dell’Afghanistan per esercitare una durissima pressione sui talebani soprattutto nel sud, a Kandahar ed in Helmand, quando è ormai vicino il giorno della verità, rappresentato dalle elezioni legislative del 18 settembre. Nel corso di una videoconferenza durata un paio d’ore, e di cui ha dato conto la Casa Bianca, è stato il generale David Petraeus in persona a confermare al presidente Barack Obama che il cosiddetto “surge”, da lui richiesto, delle truppe americane in territorio afghano è stato completato alla fine di agosto.
Tutti gli uomini a disposizione, inclusi gli ultimi 30.000 su cui era stata presa una decisione a dicembre, sono arrivati e, precisa un comunicato ufficiale, “si trovano impegnati al massimo delle capacità operative a sfidare le roccaforti dei talebani costituite da tempo, a colpire i leader talebani e ad addestrare le forze di sicurezza afghane”.
La sfida è enorme, perchè se da una parte c’è l’esigenza di garantire un regolare svolgimento del processo elettorale di sabato, impresa facile forse a Kabul ma non certo in molte realtà regionali, dall’altra non si deve perdere di vista l’obiettivo posto da Obama di rispettare la data di luglio 2011 per l’inizio del ritiro delle truppe. Per cui, mentre si pensa già alle modalità del ripiegamento del prossimo anno, il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, ha detto nell’ambito di un incontro con il presidente del governo spagnolo, Josè Luis Rodriguez Zapatero, che se si vuole davvero trasformare in realtà quell’obiettivo, bisognerà “colmare un ritardo di formazione ed inviare al più presto altri 3.000 istruttori militari in Afghanistan”. Nessun ritiro potrà infatti suonare plausibile se veramente esercito e polizia afghani non saranno in grado di assumere la responsabilità diretta della sicurezza dei propri cittadini in tutte le province del paese, un obiettivo posto dalla recente Conferenza di Kabul all’orizzonte del 2015.

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