Cosa significa avere 17 anni e sentire il proprio corpo trasformarsi? Cosa spinge una bella ragazza senza apparenti problemi a prostituirsi per il bisogno viscerale di farlo? Sulle tracce della sua splendida protagonista (la modella Marine Vacht), François Ozon segue la vita di una crisalide in cerca d’identità, fisica e psicologica. Riservata e fragile, algida e provocante, Isabelle sperimenta su se stessa una sessualità non ancora connessa ai sentimenti.
La narrazione si svolge lungo l’arco di quattro stagioni. Il film comincia in estate, quando Isabelle conosce la propria sessualità; prosegue in autunno, quando il suo alter ego Lea (così si fa chiamare dai clienti) vive ormai di luce propria; si complica in inverno, quando la giovane è inevitabilmente costretta a fare i conti con le conseguenze delle sue scelte; termina in primavera, dove quella maturità tanto ricercata sembra fare capolino e dove Isabelle appare finalmente pronta ad assumersi la responsabilità delle sue azioni. A scandire il passaggio da una fase all’altra, fatto di specifici rituali come in ogni esperienza proibita che si rispetti, ci pensano anche le canzoni di François Hardy, che accentuano il carattere malinconico della pellicola già filtrato attraverso i disordini interiori della sua protagonista.
Secondo Ozon, Isabelle prostituendosi fa un’esperienza, un viaggio. Nessuna perversione. Un modo come un altro per rappresentare il momento in cui l’adolescenza pone interrogativi sulla propria identità e soprattutto sulla propria sessualità. La ragazza non prova piacere quando va a letto con i suoi clienti, ma quando torna a casa ci ripensa e vorrebbe farlo di nuovo. Poi Isabelle conosce Georges (un uomo di sessant’anni) e il suo rapporto con il sesso cambia. Con lui scopre un altro modo di muoversi nello spazio, una forma di intimità, un rapporto con il piacere, con l’erotismo. Forse è la differenza di età che la fa sentire protetta e le consente di concedersi e abbandonarsi completamente.
Margherita Diurno