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Franchi: “Trasfusione atto abbastanza inutile, tranquillizza più il medico che il paziente”

ROMA – ‘Credo che una buona medicina debba fare ricorso al sangue solo quando questo è assolutamente indispensabile e in qualche caso lo è. Però, tutti gli interventi in teoria possono essere affrontati senza sangue. Per ottenere questo, in alcuni passaggi tecnici è necessario essere estremamente prudenti, utilizzando al meglio la buona tecnica chirurgica come dirò poi. Personalmente, come tutti i medici, credo nell’importanza assoluta di ridurre nel limite del possibile la trasfusione’. Lo spiega alla Dire Massimo Franchi, professore ordinario di ginecologia e ostetricia e Direttore del Dipartimento materno infantile Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona.

LA POCO UTILITÀ DI EMOSTRASFONDERE

L’esperto, 67 anni, ha eseguito centinaia di interventi su pazienti Testimoni di Geova, facendo ricorso a strategie alternative alle emotrasfusioni e opera in chirurgia bloodless da quando ha iniziato la propria attività. ‘Ho sempre pensato che la decisione di trasfondere sangue fosse un intervento talora poco utile- aggiunge- e che in alcuni casi, fortunatamente rari, derivi più da una convinzione del medico che gli dà sicurezza che non da inconfutabili dati scientifici’.’Non esiste un intervento chirurgico che non possa essere eseguito senza ricorrere all’uso del sangue. Il problema- precisa- è la capacità del medico e la possibilità di adottare le opportune misure’.

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Il professor Massimo Franchi

CHIRURGIA ‘BLOODLESS’ SEMPRE PIÙ DIFFUSA

La chirurgia bloodless è una pratica sempre più diffusa ma il professor Franchi tiene a sottolineare: ‘Io non riesco a vederla come medicina senza sangue, quanto piuttosto come buona medicina. Noi dobbiamo fare tutto ciò che serve al paziente. È importante, in particolare in ostetricia e ginecologia, ridurre al minimo la perdita di sangue. Dopo il parto, durante/dopo un taglio cesareo o un intervento ginecologico, l’uso del sangue, va sottolineato, è rigorosamente riservato solo quando è assolutamente indispensabile. Altro aspetto importante, quando possibile, è somministrare prima dell’intervento composti a base di ferro o che stimolano la produzione di globuli rossi. Questo allo scopo di ottenere valori dell’emoglobina, pre-parto o preoperatori, normali o in qualche caso superiori alla norma prima di un intervento potenzialmente emorragico’.

I PERICOLI DELLA EMORRAGIA POST PARTUM

‘L’unica situazione molto complessa che possiamo avere e in cui è più difficile non utilizzare il sangue- dice- è una rara e grave situazione che si può verificare dopo il parto, la cosiddetta emorragia del post partum. Quando avviene questa grave complicanza, la possibilità che una donna perda la vita se rifiuta la trasfusione aumenta notevolmente. Quando tratto donne gravide ho ripetuti momenti di consultazione riguardo la loro volontà, in modo che io sia certo, da un punto di vista etico, che la paziente sia pronta a difendere la sua fede anche al possibile prezzo della sua vita. Questo, secondo me, è l’aspetto più importante, come medico e persona ritengo che non sia mai possibile andare contro la volontà di una paziente una volta che tale volontà sia ben accertata. Di questo sono totalmente convinto’.

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I BENEFICI DEL PATIENT BLOOD MANAGEMENT (PBM)

Massimo Franchi si sofferma sui benefici dell’applicazione del Patient Blood Management (PBM), strategie mediche volte a preservare i livelli di emoglobina, favorire l’emostasi e ridurre al minimo le perdite ematiche al fine di migliorare i risultati clinici del paziente, nello specifico ambito in cui il professore opera. ‘Per quanto sia- dice- il sangue viene sempre da un’altra persona, qualora non sia un prelievo autologo, questo comporta alterazioni del sistema immunitario e il paziente non trasfuso ha sempre degli ovvi vantaggi di salute. È chiaro, peraltro, che se non si ricorre a trasfusioni, talora il decorso post operatorio può essere più prolungato per il fatto che il paziente deve rifare la quantità di sangue che ha perso’.

RIDURRE LE PERDITE DI SANGUE, INDIPENDENTEMENTE DAI TESTIMONI DI GEOVA

Franchi spiega poi cosa servirebbe per migliorare l’applicazione del PBM. ‘Credo innanzitutto conoscere le tecniche ed essere poi convinti che la prima cosa importante è che noi non dobbiamo fare del male ai nostri pazienti. Dunque, più un chirurgo diventa esperto nel non far perdere sangue alla paziente, più studia l’anatomia, più utilizza la strumentazione ed i farmaci volti a ridurre le perdite di sangue, più migliora la sua capacità professionale indipendentemente dai Testimoni di Geova. Credo che questa sia la vera strada’.

L’IMPORTANZA DEL DIALOGO TRA MEDICO E PAZIENTE

Tutto questo, però, non sembra essere al momento sufficiente per favorire ancora di più una buona relazione tra medico e paziente. ‘Bisogna parlarsi, perché il dialogo aiuta a non considerare il diverso necessariamente come un nemico o un qualcosa da evitare. Talvolta lo vedo come una sorta di ‘razzismo’. Da professore universitario spesso mi batto con i miei specializzandi, con i miei studenti per tentare di eliminare questo aspetto che è fondamentale per espletare bene la nostra professione. Poi ognuno veda la propria vita come vuole’.

E parlarsi significa anche confrontarsi sulla volontà espressa dal paziente in merito alle proprie scelte di vita oltre che sanitarie. ‘Come medici, noi siamo tenuti al massimo rispetto delle volontà di chi assistiamo- tiene a sottolineare Franchi- però oggi c’è un minimo di confusione, generata soprattutto da cosa si intende per consenso informato. Molti colleghi, purtroppo, pensano che il consenso informato sia semplicemente un documento, quando invece è un processo, un processo lento. È un consenso che si ottiene solo dopo che si è instaurata una salda comunicazione piuttosto che dopo una informazione sterile. Io spesso dico alle pazienti che se non si crea una comunicazione efficace da un punto di vista scientifico, se non riescono ad instaurare un rapporto di fiducia con me che le curo, allora è meglio che cambino medico’.Anche perché la risposta dei pazienti che vengono rispettati nelle proprie volontà non tarda ad arrivare. E spesso è testimoniata da un piccolo grande gesto d’affetto. ‘Sia da parte delle pazienti testimoni di Geova sia da parte di donne di altre religioni- afferma- ho ricevuto piccoli doni a cui tengo tantissimo. Credo che il paziente abbia un rapporto con il proprio continua a leggere sul sito di riferimento