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Dylan, 100 foto e 100 canzoni

Un Bob Dylan come forse non molti conoscono o probabilmente, un poeta visionario armato di chitarra che davvero in pochi possono dire con fierezza di aver esplorato fino in fondo. 'Dylan, 100 canzoni e 100 foto', ha un obiettivo nobilissimo: spargere, in un campo vasto e infinito come quello della cultura musicale del Novecento e questa prima parte del Duemila, i semi del poeta Dylan, non soltanto mostrandone foto e raccontando le storie che hanno costituito le fondamenta delle canzoni più riuscite di Robert Allen Zimmerman (in arte Bob Dylan).

Un Bob Dylan come forse non molti conoscono o probabilmente, un poeta visionario armato di chitarra che davvero in pochi possono dire con fierezza di aver esplorato fino in fondo. ‘Dylan, 100 canzoni e 100 foto’, ha un obiettivo nobilissimo: spargere, in un campo vasto e infinito come quello della cultura musicale del Novecento e questa prima parte del Duemila, i semi del poeta Dylan, non soltanto mostrandone foto e raccontando le storie che hanno costituito le fondamenta delle canzoni più riuscite di Robert Allen Zimmerman (in arte Bob Dylan). Ma accompagnandole con gli spartiti per chitarra, le note che, corredate da poesie cantate, rappresentano l’essenza del suo successo in cinquanta anni di carriera. L’opera, il cui titolo originale è ‘Dylan 100 songs and 100 pictures’, ne raccoglie in un volume generoso, che sfiora il tetto delle 500 pagine, le principali opere (chiamarle canzoni sarebbe certamente offensivo per un artista di questa grandezza). Il viaggio nel complesso mondo del signor Zimmerman parte dalla canzone dedicata al suo maestro, Woody Guthrie (‘Song to Woody’) e scorre senza sosta le pagine della sua epopea musicale, passando per gli inni di una generazione come ‘Blowin’ in the wind’ del 1963, o come ‘Hurricane’ del 1976, e arrivando alle composizioni più recenti, performance come ‘Things have changed’ del 2000 o ‘Thunder on the mountain’ del 2006 che chiude il libro. Musica, testi, fotografie rare, testimonianze di amici e conoscenti, sociale, politica, società e racconti, così come in tutte le storie del poeta-musicista, qui si fondono per dare vita ad un’immagine quanto mai vicina all’essenza di un Dylan sempre più lontano dai riflettori e mai decifrato fino in fondo dai media. La leggenda Bob Dylan, in questo volume, appare qui attraverso nuove prospettive che servono ad inquadrare meglio il menestrello. Il libro ci fornisce una riuscitissima alternativa a decine di racconti che fino ad oggi hanno cercato in diversi modi di cogliere l’anima del compositore. Quel Dylan che ha raccolto la lezione dei grandi menestrelli americani, come Woody Guthrie, e cambiato a partire dagli anni Sessanta il modo di interpretare le canzoni, la protesta, la rivolta contro le ingiustizie di una società complessa come quella Usa, si svela per quello che è. Un uomo stupito forse dal suo stesso genio, sorpreso dalla facilità con cui riesce a raccontare tragedie e follie, vita di tutti i giorni e amore. Il pregio di ‘Dylan, 100 canzoni e 100 foto’, è anche quello di ripercorrere i brani più famosi e le storie che li hanno ispirati, accompagnandoli con altrettante fotografie che ne fissano, spesso, quella che appare essere l’estrema solitudine di un grande compositore. Musiche entrate di diritto nei libri di storia contemporanea, completate da spartiti e testi per condividere – per chi suona la chitarra – anche le sensazioni. Nel libro appaiono anche commenti di Bono e Paul Mc Cartney, anche se la frase che meglio spiega l’uomo, prima del musicista, e che apre il libro-collezione curato da Chris Charleswoth, con testi di Peter Doggett ed edito in Italia da Aereostella, appartengono allo stesso Dylan. Sono datate 2006, e cercano di spiegare come nasce un fenomeno di queste proporzioni: “Non ho scritto queste canzoni in una fase di meditazione, piuttosto in uno stato di trance, tipo ipnosi. E’ così che mi sento? Perché mi sento così? E chi è il me stesso che si sente così? Non saprei dirvelo. Ma so che queste canzoni erano nel mio Dna, non potevo evitare di scriverle”.

Maria Colorito