Roma, 8 feb. (askanews) – Dal 2012 ad oggi, in Italia, hanno chiuso i battenti oltre 111mila negozi al dettaglio. Un`impresa attiva su cinque è morta e non è stata sostituita. Peggio è andata al commercio ambulante (-24mila unità) che vive una fase di profonda ristrutturazione. In crescita, invece, le attività di alloggio e ristorazione (+9.800). Nello stesso periodo, nel commercio, negli alberghi e nei pubblici esercizi si riducono le imprese italiane (-8,4%) e aumentano quelle straniere (+30,1%). E metà della nuova occupazione straniera nell`intera economia (+242mila occupati) è proprio in questi settori (+120mila). E’ quanto emerge dall`analisi “Demografia d`impresa nelle città italiane”, realizzata dall`Ufficio Studi di Confcommercio in collaborazione con il Centro Studi Guglielmo Tagliacarne.

La riduzione di attività commerciali è più accentuata nei centri storici rispetto alle periferie, sia per il Centro-Nord che per il Mezzogiorno.

Anche i centri storici cambiano volto. Sono sempre meno le attività tradizionali (carburanti -40,7%, libri e giocattoli -35,8%, mobili e ferramenta -33,9%, abbigliamento -25,5%) e sempre più servizi e tecnologia (farmacie +12,4%, computer e telefonia +11,8%), attività di alloggio (+42%) e ristorazione (+2,3%).

La modificazione e la riduzione dei livelli di servizio nei centri storici rende sempre più preoccupante “il fenomeno della desertificazione commerciale delle nostre città”: nei 120 comuni al centro dell`analisi, negli ultimi 10 anni, sono sparite oltre 30mila unità locali di commercio al dettaglio e ambulanti (-17%) e la densità commerciale è passata da 12,9 negozi per mille abitanti a 10,9 (-15,3%).

Per evitare gli effetti più gravi di questo fenomeno, il commercio di prossimità deve puntare su efficienza e produttività, anche attraverso l`innovazione e la ridefinizione dell`offerta. E resta fondamentale l`omnicanalità, ovvero l`utilizzo anche di un canale online ben funzionante. Negli ultimi cinque anni, infatti, gli acquisti di beni su Internet sono quasi raddoppiati passando da 17,9 miliardi del 2019 a 35 miliardi del 2023. La crescita dell`e-commerce, secondo l’associazione, è la maggiore responsabile della riduzione del numero di negozi ma resta comunque un`opportunità per il commercio “fisico” tradizionale.

Commentando i risultati dell’indagine, il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, ha sottolineato: “prosegue la desertificazione commerciale delle nostre città, un fenomeno che riguarda soprattutto i centri storici dove la riduzione dei livelli di servizio è acuita anche dalla perdita di commercio ambulante. Il commercio rimane comunque vitale e reattivo e soprattutto mantiene il suo valore sociale. Rimane, in ogni caso, prioritario contrastare la desertificazione commerciale con progetti di riqualificazione urbana per mantenere servizi, vivibilità, sicurezza e attrattività delle nostre città. In questa direzione vanno il progetto Cities di Confcommercio e la rinnovata collaborazione con l`Anci a conferma del nostro impegno per favorire uno sviluppo urbano sostenibile e valorizzare il ruolo sociale ed economico delle attività di prossimità nelle città”.