ROMA – Dall’alimentare alla meccatronica, dagli impiantisti agli acconciatori, il girone infernale della burocrazia per le piccole imprese. La riforma del titolo V ha prodotto un variegato contesto normativo e amministrativo. Per poter consumare un prodotto gastronomico all’interno di un’attività artigiana, leggi e burocrazia impongono sedute scomode e vietano l’uso di piatti di ceramica e posate in metallo. E se l’artigiano ha l’ardire di offrire una bibita per accompagnare un trancio di pizza, o un caffè espresso dopo un cornetto di propria produzione deve addentrarsi in un infernale labirinto burocratico e normativo e ben che vada deve adattarsi a vincoli e limitazioni. Il decentramento introdotto dalla riforma del titolo V della Costituzione per le imprese artigiane non fa rima con semplificazione. Anzi, la mancanza di un efficace raccordo tra Stato centrale e Regioni ha impedito la definizione di standard uniformi favorendo la frammentazione, le differenze territoriali e la produzione di nuova burocrazia, penalizzando le attività artigiane e i consumatori. L’Osservatorio Burocrazia realizzato dalla Cna, giunto alla quinta edizione, ha indagato l’impatto della riforma costituzionale del 2001 su otto mestieri (Alimentare con consumo sul posto, installazione e manutenzione impianti fotovoltaici, tatuaggio, piercing, acconciatura, estetica, toelettatura di animali, meccatronica), quasi 400mila imprese, dal quale emergono numerose criticità nell’attività d’impresa a causa di un variegato contesto normativo e amministrativo. Ad esempio l’impiantista che opera in più regioni deve destreggiarsi nel girone infernale del catasto degli impianti termici in quanto ogni regione ha sviluppato una propria piattaforma con modalità di accesso e procedure specifiche. Ma per complicare l’attività, alcune regioni dispongono di più catasti, fino a 7, che non dialogano tra loro e con differenze delle modalità di raccolta dati. La formazione professionale è uno degli ambiti dove il processo di devoluzione ha raggiunto vette impensabili. Per estetica e acconciatura la durata dei percorsi regionali varia da 3 a 5 anni. Non solo, le ore di formazione per ogni anno oscillano tra 198 e 1.394. Anche per tatuaggio e piercing il panorama formativo è molto variegato. I corsi regionali variano da 12 a 1.500 ore l’anno e soltanto 13 regioni hanno disciplinato l’attività. Nessuna regione invece ha disciplinato in modo specifico l’attività di toelettatura di animali e solo 8 hanno previsto un percorso formativo.
La burocrazia non ha risparmiato la nascita della categoria meccatronica che ha accorpato meccanici auto ed elettrauto. Le imprese iscritte a una sola attività devono conseguire l’abilitazione mancante con apposito corso di formazione regionale. La comunicazione della nuova qualifica non è sufficiente nella maggior parte dei comuni italiani che richiedono la presentazione di una Scia (fino a 20 adempimenti e 10 enti da contattare) come se si trattasse di una nuova attività. Tra le poche eccezioni positive Firenze, dove la Camera di commercio ha aggiornato in automatico tutte le posizioni senza alcuna pratica amministrativa. Il paradosso è che l’attività di meccatronica non ha un proprio codice Ateco. L’indagine mostra la necessità di potenziare le forme di raccordo e collaborazione tra i diversi livelli istituzionali in modo da valorizzare le specificità territoriali all’interno di una visione unitaria. CNA sollecita un confronto permanente sui mestieri artigiani al fine di semplificare e razionalizzare il quadro normativo e regolamentare; aggiornare e riordinare le leggi di settore, a partire dal coordinamento dei percorsi formativi; assicurare l’interoperabilità delle banche dati pubbliche; dare risposte ai nuovi mestieri attraverso standard omogenei, valorizzare le best practice locali in un contesto nazionale.
L’articolo Cna: “Riforma del titolo V, inferno burocratico per le imprese e differenze territoriali” proviene da Agenzia Dire.
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