Roma, 19 gen. (askanews) – Uno studio di un gruppo di ricercatori dellUniversità di Trieste, del Kings College of London e dellInternational Centre for Genetic Engineering and Biotechnology (ICGEB) di Trieste, pubblicato su Journal of Pathology, ha rivelato aspetti inattesi del danno polmonare causato dal virus Sars-CoV-2.
Lo studio, coordinato da Mauro Giacca, docente di biologia molecolare dellUniversità di Trieste, direttore della Scuola di Medicina Cardiovascolare al King’s College di Londra e Group Leader del laboratorio di Medicina molecolare in ICGEB, ha tratto vantaggio della pluriennale esperienza di Rossana Bussani dellIstituto di Anatomia Patologica di ASUGI e docente di Anatomia Patologica dellUniversità di Trieste, nellesame autoptico dei pazienti deceduti allospedale del capoluogo giuliano. Il team di ricercatori, che include anche Chiara Collesi, docente di Biologia Molecolare dellUniversità di Trieste, e Serena Zacchigna, docente di Biologia Molecolare dellUniversità di Trieste e Group Leader del laboratorio di Biologia cardiovascolare in ICGEB, ha analizzato il tessuto polmonare di una particolare categoria di pazienti, ossia quelli apparentemente negativizzati dal virus, ma le cui condizioni cliniche si sono progressivamente aggravate fino a condurli alla morte con sintomi del tutto sovrapponibili a quelli di uninfezione acuta da SARS-CoV-2. La coorte dei pazienti analizzati, nonostante la ripetuta negatività virale fino a 300 giorni consecutivi, ha rivelato evidenza di polmonite interstiziale focale o diffusa, accompagnata da estesa sostituzione fibrotica nella metà dei casi.
Assolutamente inattesi alcuni aspetti significativi dal punto di vista patologico: nonostante lapparente remissione virologica, la patologia polmonare si è rivelata molto simile a quella osservata negli individui con infezione acuta, con frequenti anomalie citologiche, sincizi e la presenza di caratteristiche dismorfiche nella cartilagine bronchiale. Il secondo aspetto, forse ancora più inquietante, è legato allassenza di tracce virali nellepitelio respiratorio (coerente con la negatività del test molecolare), mentre sono state individuate nella cartilagine bronchiale e nellepitelio ghiandolare parabronchiale la proteina Spike e quella del Nucleocapside virale, indispensabili rispettivamente allinfezione e alla replicazione del virus. Il distretto cartilagineo appare come un santuario che rende il virus non identificabile con alcuna delle metodiche di cui si dispone al momento.
Insieme, questi i risultati indicano che l’infezione da SARS-CoV-2 può persistere significativamente più a lungo di quanto suggerito dai risultati negativi dei Test PCR, con segni evidenti dinfezione in specifici tipi di cellule nel polmone. Quale sia il ruolo effettivo di questa latente infezione a lungo termine nel quadro clinico della cosiddetta sindrome del COVID lungo, resta ancora da esplorare.
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