A Venezia la mostra “Chronorama” sull’archivio Condé Nast
Venezia, 10 mar. (askanews) – Una possibile storia dell’evoluzione della fotografia nel XX secolo, attraverso le riviste. Palazzo Grassi a Venezia presenta una mostra ambiziosa e, nonostante alcune apparenze, anche imponente, basata sull’archivio di Condé Nast, per parlare di come è cambiato il modo di pensare e distribuire le immagini e al tempo stesso raccontare come si è evoluto il costume attraverso il Secolo breve.
“È una première a livello mondiale – ha detto ad askanews Bruno Racine, direttore di Palazzo Grassi – perché questo archivio Condé Nast che ripercorre tutto il secolo scorso è stato acquistato in parte dalla Collezione Pinault, e Pinault ha voluto che la prima presentazione fosse fatta a Venezia e a Palazzo Grassi, per dare rilievo anche alla nostra programmazione”.
La mostra si intitola “Chronorama” e segue un filo temporale, dagli anni Dieci agli anni Settanta, attraverso 407 immagini. “L’obiettivo della mostra – ha aggiunto il curatore Matthieu Humery – è osservare il modo in cui le immagini diventano fotografia e questa a sua volta diventa prominente nel corso del XX secolo. Vogliamo andare alle origini di questa storia ed è interessante vedere che inizia con l’illustrazione, di grande livello e qualità, per poi evolversi in fotografia. E questa, lentamente, ma in modo inesorabile, nel corso degli anni Dieci e Venti diventa il medium in assoluto più usato dalle riviste. Noi raccontiamo questa evoluzione”.
Accanto a questo aspetto, ovviamente centrale, c’è però anche il tema di come cambia il racconto che le riviste fanno del loro tempo e dopo gli anni della Seconda Guerra mondiale comincia a delinearsi chiaramente un’idea di “società dello spettacolo”, per citare il filosofo Guy Debord, e nelle fotografie esposte arrivano sempre più attrici, artisti, modelle e gruppi musicali. Possiamo fare qualche nome, sparso: Catherine Deneuve in grembiule bianco; un giovanissimo Mick Jagger; oppure Hemingway a torso nudo o Susan Sontag con il figlio Davi. In qualche modo si consolida, a livello di immaginario collettivo e di cultura di massa, il racconto delle celebrità e dello star system, fatto comunque con la genialità di fotografi come Irving Penn, per esempio. E poi la mostra di Palazzo Grassi è anche un dispositivo per riflettere sulla nostra relazione oggi con le immagini e la loro costante produzione e disponibilità.
“Oggi quando scattiamo una fotografia con il telefono – ha concluso Humery – siamo subito consapevoli dell’immaterialità di questa immagine, non c’è alcun oggetto. Qui invece mostriamo anche la fotografia come oggetto, è c’è qualcosa di magico nello stato di queste immagini, che sono immagini appunto, ma sono anche oggetti”.
Oltre alle immagini storiche, poi, la mostra presenta le opere di quattro artisti contemporanei – Tarrah Kranjak, Eric Mack, Daniel Spivakov e Giulia Andreani, chiamati a esplorare il rapporto con le fotografie, il luogo e il tempo. In un intreccio di suggestioni che rispecchia e amplifica l’attitudine polifonica di Palazzo Grassi.
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