Commissionata da Glickon, con i consigli della psicologa
Milano, 17 mar. (askanews) – In occasione della Giornata mondiale della Felicità, Glickon, azienda italiana che opera nel settore del mercato software dell’HR tech per medie e grandi aziende, ha lanciato una survey che parte da una domanda: nell’arco della nostra vita trascorriamo oltre 90mila ore lavorando. Ma, in questo tanto tempo che trascorriamo a lavoro, siamo davvero felici?
Si parte da un presupposto: la relazione tra lavoro e felicità è necessaria per l’80% degli intervistati e per la quasi totalità (97%), essere felici, rende anche più produttivi. E poi, ci sono altri dati rassicuranti: ben oltre il 66% si dichiara contento della posizione che occupa. Per il 34% – quella posizione -, rappresenta effettivamente ciò che sognava di fare, mentre il 37% si è adattato, ma si ritiene comunque soddisfatto e sereno.
Parliamo di dati rassicuranti perché, se rapportati allo scenario di questo mercato – sempre più coinvolto da grandi fenomeni sociali, culturali ed economici come Great Resignation, Quite Quitting, Hope Fatigue, etc. – risultano essere molto positivi e incoraggianti. Non c’è quindi da stupirsi se il 46% affermi di essere disposto a cambiare il proprio lavoro, in nome della felicità, anche se dovesse rinunciare a qualcosa in termini economici o di benefit. Troverebbe così spiegazione il 65% che ha ammesso di aver vissuto “con felicità” le proprie dimissioni o il proprio licenziamento. Ma attenzione, seppur il detto “I soldi non fanno la felicità” risulti ancora valido, lo stipendio resta un parametro di felicità importante per il 62% dei partecipanti.
Cosa ci rende però davvero felici del nostro lavoro? In cima a tutto le relazioni con i colleghi e l’ambiente lavorativo (30%), seguite dalle attività specifiche di cui ci si occupa (28%), e da flessibilità, benefit e stipendio (23%). Infine, la valorizzazione del talento e l’attenzione verso il proprio percorso di crescita (19%). Quic’è ampio margine di miglioramento, soprattutto oggi, che è in atto una vera e propria corsa ai talenti: le aziende dovranno essere sempre più attente non solo ad acquisire, ma anche a saper trattenere. Invece, come cambiano i fattori di felicità tra le varie generazioni? Per la Generazione Z e i Millennial, ad esempio, la qualità delle relazioni e la sostenibilità del tempo delle persone è più importante (16%) rispetto alla Generazione X e ai Boomer (12%). Così come la trasparenza e l’etica della realtà per cui si lavora (15% vs 12%). Contrariamente per gli over 40 il benessere psico-fisico (25% vs 20%) risulta essere un elemento più importante insieme alla valorizzazione economica e i benefit (19% vs 17%). Quasi cross-generazionali invece: crescita e sviluppo personale (24% per under 40 vs 22% over 40), che per dato risulta essere il valore di maggior rilievo, e condivisione dei valori del brand o società per cui si lavora (6%).
“Scegli un lavoro che ami, e non dovrai lavorare nemmeno un giorno della tua vita” resta il mantra del 67% degli intervistati, ma alla domanda “Riesci ad avere un buon work-life-balance tanto da renderti felice e serena/o?” Il panel si divide quasi a metà con una leggera maggioranza verso il “NO” (51%). Glickon ha quindi chiesto a Monica Bormetti, psicologa del lavoro che si occupa di formazione e coaching su work-life balance e benessere digitale, 5 consigli per essere più felici o ritrovare la propria felicità partendo da noi stessi: fare dipendere la felicità dal tuo “centro” e non dalle condizioni esterne; coltivare gli ormoni della felicità con relazioni positive; individuare piccoli rituali di benessere per favorire il work-life balance; imparare a trovare “il bello” nelle attività che svolgi e infine accogliere nel proprio percorso professionale le opportunità inaspettate.
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