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Alessio scrive al suo idolo Buffon: “Caro Gigi ti aspetto in ospedale”

 

Un quattordicenne ricoverato da tre mesi nel reparto di cardiochirurgia infantile dell’ospedale Monaldi di Napoli, vive nell’attesa di un nuovo cuore

 

Quattordici anni è l’età in cui ogni adolescente dovrebbe condividere oltre la regolare attività scolastica,  una partita di calcetto con gli amici, correre in bici, qualche partita a play station e perché no una vita regolare e spensierata. Per Alessio Carillo invece non è così. Ricoverato da tre mesi presso il reparto di cardiochirurgia infantile dell’ospedale Monaldi di Napoli, vive nell’attesa di un nuovo cuore, un intervento che possa ridargli un vita normale. In occasione della partita di Champions League dei partenopei contro i parigini del PSG, Alessio scrive una lettera aperta al suo idolo Gigi Buffon.

“Caro Gigi, sono Alessio, un ragazzino di quattordici anni che da circa tre mesi mi trovo ricoverato in ospedale. La mia vita è totalmente cambiata in una calda sera d’estate quando mi sono ritrovato in ospedale a seguito di un problema neurologico e nel corso delle visite, mi è stata diagnosticata una grave patologia cardiaca e al momento sono in attesa di un nuovo cuore. Nel frattempo la mia stanza da letto, di giochi e di studio è diventata una stanza di ospedale; ma per fortuna grazie all’ausilio di un cuore meccanico alberga in me la forte speranza di ritornare al più presto sulla mia amata bici e a correre dietro ad un pallone. Sono da sempre tifoso juventino ed un tuo fan. Mi farebbe molto piacere incontrarti con altri due miei amici di viaggio che sono con me in ospedale. Approfittando della tua certa disponibilità promuoveremo insieme una campagna di sensibilizzazione per le donazioni. Un forte abbraccio. A presto!”

Parole toccanti di un ragazzo che spera presto di ritornare in una vita normale.
A pubblicare la lettera attraverso i social è stato il Dottor Andrea Petraio (Cardiochirurgo e promotore di tante iniziative a favore della donazioni).

” Nevergiveup….!!!  In ogni modo si può cercare di regalare normalità, difficile far capire a chi non vive la loro quotidianità, ma oltre ogni scetticissimo ogni “possibile retro pensiero”. Aiutarli in ogni modo dal punto di vista medico (e di certo é un dovere) ma sostenerli da quello umano è altrettanto indispensabile, parlar di loro una necessità. Basta poco e noi ci crediamo.”