“L’Associazione Nazionale Dottori Commercialisti (ANDOC) non condivide il progetto del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, volto all’eliminazione del grado di appello nel processo tributario, annunciato nella recente conferenza stampa di fine anno a Palazzo Madama”. Lo fanno sapere i vertici dell’ANDOC, l’associazione sindacale dei dottori commercialisti presieduta da Amelia Luca.
“Il governo vorrebbe risolvere il problema del basso gettito fiscale attraverso meccanismi volti alla riduzione dei gradi di giudizio nel contenzioso tributario. Due motivi ci spingono a non condividere questo disegno: innanzitutto, per come è congegnato il sistema italiano di impo-esazione fiscale, è l’inefficienza del processo tributario, e non la lungaggine, a nuocere al contribuente. Inoltre, eliminare un grado di giudizio, oltre che essere una soluzione non in linea con gli altri processi giudiziari, si tradurrebbe solo in una giustizia che, secondo la sorte, potrebbe avvantaggiare l’erario oppure il contribuente. Dunque, l’eliminazione di un grado di giudizio non porterebbe nulla di più alle casse statali, ma minerebbe gravemente il principio del giusto processo.
ANDOC chiede, pertanto, il rispetto dei diritti di ciascun cittadino dello Stato, senza la mortificazione delle garanzie costituzionali già previste, auspicando invece una riforma del processo tributario che vada verso la direzione di un giudice specializzato e a tempo pieno, eventualmente, prevedendo un sistema di reclutamento attraverso un pubblico concorso per esami, così come avviene già per la magistratura ordinaria, amministrativa e contabile.
Crediamo che il disegno del premier vada respinto perché si fonda su due presupposti erronei: che il cittadino-contribuente è un presunto evasore; e che il mancato gettito è dovuto anche alle garanzie previste dall’attuale sistema processuale, fondato sul doppio grado di giudizio. Il disagio degli operatori economici e dei professionisti che li assistono, è stato determinato nel tempo dal susseguirsi frenetico di norme spesso disorganiche ed emanate in spregio dello Statuto del Contribuente, interpretate attraverso circolari e comunicati stampa. Tutto ciò ha contribuito a creare un contesto caotico, incerto e con forti ostacoli alla pianificazione degli investimenti. Certamente il risultato di questo clima di sfiducia non può essere addebitato soltanto ai provvedimenti del Governo in carica. È evidente, però, il grave clima di sconforto in cui interagiscono i contribuenti ed i professionisti che li assistono, e tutto ciò non può che riflettersi sulle difficoltà economiche del Paese e sull’andamento del Pil, che costituisce la base imponibile del gettito fiscale”.
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